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Gestore della settimana: "emergenti, selezione d'obbligo"

8/6/2018 | Massimo Morici

AdvisorOnline ha intervistato Paul McNamara, direttore per gli investimenti delle strategie emerging markets di GAM Investments.


La Fed è meno importamente di quello che si possa pensare quando parliamo dei mercati emergenti. Parola di Paul McNamara (nella foto), direttore investimenti sul debito dei paesi emergenti di GAM. AdvisorOnline.it lo ha incontrato a fine giugno a Milano. Molti investitori si ricordano ancora il Taper Tantrum, provocato dalle parole dell'annuncio dell'allora numero uno della Fed Ben Bernanke, che scatenò fughe di massa dal debito emergente. Ma non bisogna farsi trarre in inganno da quella vicenda, assicura McNamara, forte della sua esperienza trentennale su questa asset class.

"Quello che conta - spiega - è il dollaro e i tassi negli USA, non cosa fa la Fed. Per capirlo, basta osservare l'andamento del dollaro australiano, che è relativamente una divisa proxy degli emergenti e delle materie prime: il suo corso dagli anni '70 ad oggi è stato non sempre correlato con il rialzo dei tassi della Fed: in nove fasi di rialzo, si è apprezzato per sei volte e in tre si è svalutato. Inoltre, il fatto che la Fed sia entrata in una fase di rialzo dei tassi non significa che il dollaro si stia rafforzando". L'andamento del dollaro dipende più dai tassi di interesse e dalla crescita dell'economia. "Soprattutto dalla crescita americana rispetto a quella delle altre aree del mondo. Se il dollaro si rafforza, a volte è semplicemente perché gli USA vanno bene e il resto del mondo invece no. Il recente rafforzamento del dollaro, ad esempio, è in parte dovuto sia alla robustezza della crescita americana sia alla contemporanea debolezza dell'Europa, sui cui pesa molto l'incertezza politica che è presa molto seriamente nelle sale trading di New York e Londra" prosegue McNamara.

Parlando del portafoglio della strategia, il team di gestione coordinato da McNamara vede maggiori opportunità in Brasile, Russia e Messico. In quest'ultimo paese, puntualizza il gestore, "gli investitori dovrebbero preoccuparsi della politica commerciale americana, ma la valuta ha già scontato questo rischio e oggi è super competitiva". In Russia, invece, sono due i fattori che fanno ben sperare: i prezzi del petrolio e la valuta che si è già potuta aggiustare ed ora è su livelli attraenti.

"In genere cerchiamo di sovrapesare il debito e le valute di paesi con bilanci in miglioramento e che hanno buone prospettive di rimbalzo. La crescita dei paesi emergenti rispetto alle economie avanzate potrebbe beneficiare l'intera asset class e il buon andamento delle materie prime sta premiando i paesi produttori, come gran parte dei paesi dell'America Latina e la Russia, mentre i dazi di Trump potrebbero avere un impatto negativo sulle economie dell'Asia Pacifica che sono soprattutto manifatturiere. Agli attuali prezzi, siamo in posizione long anche su Argentina e Sud Africa e su valute come Indonesia, Perù e Colombia. Lato short, tendiamo a scommettere contro quei paesi che sono particolarmente vulnerabili alle crisi e con una bilancia commerciale sbilanciata, come la Turchia. Anche la bilancia commerciale dell'Argentina è sbilanziata ma sul paese siamo decisamente più positivi: crediamo che il governo si stia muovendo nella direzione giusta e ci sono meno problemi sul debio privato rispetto alla Turchia. Come copertura al rafforzamento del dollaro, siamo short sull'euro e sul dollaro australiano e canadese" aggiunge McNamara.

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