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La FED cambia politica e aumentano le incertezze

6/25/2021 | Daniele Riosa

Erik Weisman di MFS IM, concentra la sua analisi sulle reazioni di lungo termine e sui potenziali risvolti macroeconomici dovuti al ‘cambio di passo’ nella politica monetaria della banca centrale USA


Erik Weisman, portfolio manager and chief economist di MFS Investment Management, concentra la sua analisi “sulle reazioni di lungo termine e sui potenziali risvolti macroeconomici dovuti al ‘cambio di passo’ nella politica monetaria della FED e dal pacchetto di riforme annunciate dall’amministrazione Biden”.

Il gestore spiega che “come se una pandemia e un mutamento radicale delle priorità fiscali non dessero già ai mercati abbastanza grattacapi, un cambiamento fondamentale dell'approccio di politica monetaria della Fed ha creato ulteriori incertezze per gli investitori. Sono finiti i giorni in cui il Federal Open Market Committee agiva in via preventiva per contrastare l'inflazione prima che superasse l'obiettivo fissato dalla banca centrale. In linea con il nuovo approccio, la Fed permetterà all'inflazione di sforare il target del 2% in misura non specificata per un tempo non specificato per compensare gli anni in cui il tasso di crescita dei prezzi è rimasto inferiore all'obiettivo. Mentre la Fed in questa fase ha lasciato tali ambiguità completamente irrisolte, i mercati cercano di prevedere la nuova funzione di reazione dell'istituto di emissione”.

Al contempo, “la Fed vuole promuovere un completo risanamento del mercato del lavoro, ma anche il suo mandato di piena occupazione è difficile da definire. Anziché stabilire target numerici, le autorità si concentreranno sul conseguimento della massima occupazione, in modo che le famiglie a basso reddito, le persone meno istruite, le donne e le minoranze etniche non vengano lasciate indietro. Questo obiettivo è comprensibile, ma è difficile da analizzare tramite modelli e rischia di generare eccessi finanziari se la Fed rimanda la stretta monetaria troppo a lungo”.

Per l’economista “i mercati ignorano l'impatto sismico dei cambiamenti politici. Nonostante le maggiori incertezze politiche che accompagnano le decisioni della Fed e l'aumento dei rendimenti del Treasury USA decennali negli ultimi mesi, gli asset rischiosi come le azioni e le obbligazioni high yield hanno dato prova di una notevole tenuta. A dispetto dello straordinario esperimento economico condotto a Washington, i mercati dimostrano un incrollabile ottimismo. Enormi volumi di stimolo fiscale sono stati varati in una fase in cui il bilancio federale è già sotto pressione. Al contempo, la politica monetaria punta a emettere imponenti quantità di titoli di debito pubblico, poiché le banche centrali temono che il basso costo del denaro non basti da solo a curare i mali che affliggono l'economia da oltre un decennio. Tutto questo ci avvicina alla Teoria monetaria moderna, ossia all'idea che i Paesi che stampano la propria moneta e possono emettere titoli di Stato a tassi di interesse molto bassi siano in grado di accumulare impunemente grandi volumi di debito. Si tratta di un policy mix di cui i mercati sviluppati hanno scarsa esperienza”.

Il manager ritiene che “l'incertezza che accompagna queste nuove politiche dovrebbe comportare dei costi. I premi al rischio nell'azionario e nell'obbligazionario dovrebbero essere più elevati, data la vasta gamma di possibili sviluppi economici nei prossimi anni. Il 2021 sarà probabilmente un anno eccezionale, ma è molto difficile valutare gli effetti di tutti questi interventi straordinari negli anni a venire, e credo che gli investitori non siano adeguatamente remunerati per i rischi a cui si espongono. Gli sviluppi futuri potrebbero essere inflazionistici o disinflazionistici, a seconda dell’evolversi della situazione. È possibile che nei prossimi anni si registrino livelli di crescita accelerati, come pure che si producano esiti recessivi se il ciclo risultante si dimostrerà potente ma breve. Non è chiaro come il mix di politica monetaria e fiscale si adeguerà a questo contesto futuro incerto. Tutto ciò suggerirebbe una distribuzione dei risultati con code più spesse del previsto”.

“Il prezzo da pagare per le nuove politiche economiche - conclude Weisman - potrebbe giungere da un aumento dell'inflazione, da un deprezzamento del dollaro, da un calo delle valutazioni degli asset o da qualcosa come una recessione anticipata. Vi è un numero straordinario di variabili ed eventualità da considerare, il che rende ancora più gravoso il già difficile compito di formulare previsioni”.

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