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Il potenziale impatto dell’euro digitale

10/5/2021 | Redazione Advisor

La Banca Centrale Europea vuole entrare nel mondo delle valute digitali. Ecco cosa possono aspettarsi gli investitori – e cosa probabilmente no.


Nel corso della crisi del coronavirus, le banche centrali hanno capito che alle persone non piace pagare in contanti. Durante la pandemia, il ricorso alla liquidità per le transazioni è notevolmente calato anche in un paese affine al denaro contante come la Germania. Ecco perché la BCE sta seriamente pensando di trasformare il suo denaro in valuta digitale, la famosa Central Bank Digital Currency, o CBDC in acronimo. I cinesi hanno già avviato il programma pilota del renminbi digitale, che l’anno prossimo dovrebbe diffondersi su larga scala. La valuta digitale della BCE sarà pronta forse tra cinque anni. Thomas Mayer, fondatore del Flossbach von Storch Research Institute, prova a fare chiarezza su questo tema e analizza quali possono essere delle aspettatve realistiche per gli investitori.

 

Dalle informazioni trapelate finora, la differenza rispetto alle banconote in euro dovrebbe essere minima. “Ancora non è chiaro come funzionerà di preciso il traffico dei pagamenti digitali, né quanto potrà funzionare, ma è molto probabile che l’euro digitale diventi l’equivalente delle banconote con determinati limiti di fruibilità” spiega Mayer.

 

“Per i consumatori la versione digitale dell’euro avrebbe un vantaggio non da poco: in quanto credito verso la banca centrale, il denaro emesso da quest’ultima è privo di rischio, contrariamente ad esempio ai depositi in conto corrente. Questi sono semplicemente obbligazioni private delle banche, ovvero crediti vantati dal cliente nei loro confronti, e di norma nella zona euro sono coperti da una garanzia statale sui depositi solo fino a 100.000 euro” prosegue Mayer, che osserva come la valuta digitale della banca centrale sarebbe quindi priva di rischio di insolvenza e, se sostituisse la moneta scritturale delle banche, farebbe compiere un passo avanti all’unione monetaria che oggi è una mera “area unica del contante”.

 

Mayer spiega che l’euro digitale potrebbe persino aiutare gli Stati a riemergere dalla palude del debito: nel sistema monetario di credito attualmente in vigore, la moneta scritturale è coperta da un portafoglio di prestiti bancari in continua evoluzione. La moneta scritturale si crea quando viene concesso un credito e svanisce nel momento in cui il prestito viene saldato. “Si potrebbe invece configurare l’euro digitale come moneta di banca centrale coperta da un portafoglio fisso di titoli di Stato iscritto nel bilancio della BCE. Quest’ultima potrebbe creare attivi di garanzia (c.d. “cover pool”) acquistando titoli di Stato fino al volume desiderato di euro digitali - peraltro non sarebbe una novità assoluta, visto che somiglia molto ai programmi di acquisto di titoli di Stato già messi in campo dalla stessa BCE. Raggiunto l’ammontare desiderato, la Banca centrale potrebbe acquistare ulteriori obbligazioni fino a ottenere la quantità di euro digitali di volta in volta richiesta. La banca centrale quindi acquisterebbe obbligazioni governative non in base alle esigenze degli Stati, ma sempre e solo in quantità necessaria a soddisfare le esigenze monetarie dell’economia. Si potrebbero poi destinare direttamente ai cittadini come dividendo monetario i nuovi euro digitali così creati, anziché erogarli agli Stati membri”.

 

Dato che la BCE deve detenere le obbligazioni come attivi di garanzia, i titoli verrebbero tolti dal mercato e gli Stati potrebbero emetterli a tasso zero e con rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza. “Di conseguenza diminuirebbe il debito pubblico dei vari paesi in circolazione sul mercato. Un enorme taglio del debito, che però andrebbe attuato una tantum per conservare la fiducia nella moneta unica. Gli oppositori obietteranno che in tal caso la Banca centrale sarebbe anche responsabile dell’erogazione di crediti. Assurdo! Questa funzione resterebbe in capo alle banche, ma con una differenza: dovrebbero raccogliere fondi dai risparmiatori per concedere prestiti, anziché creare denaro erogando prestiti” conclude Mayer.

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