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Tre lezioni sui mercati emergenti

11/23/2021 | Redazione Advisor

Gli ultimi 12 mesi sono stati piuttosto complicati per gli emerging, ma hanno fornito degli insegnamenti importanti per il futuro. L’analisi di Schroders


“Ci sono dei decenni in cui non accade nulla. E poi delle settimane in cui accadono decenni”.  Questa frase di Lenin si può applicare ai mercati finanziari emergenti negli ultimi 12 mesi. Nello specifico, secondo Vera German e Juan Torres Rodriguez, fund managers, equity value, Schroders,  questo periodo ha fornito tre insegnamenti che potranno rivelarsi utili per affrontare il prossimo anno.

 

La prima lezione è che la convinzione è fondamentale. “Per noi gestori è fondamentale credere in quello che facciamo e nel motivo per cui lo facciamo. Un anno fa, avevamo difficoltà a trovare idee di investimento in America Latina. Il Messico e il Cile sono tra i Paesi più sviluppati dell’indice MSCI Emerging Markets (EM). Hanno fondi pensione locali molto solidi che fungono da acquirenti di ultima istanza, offrendo una soglia minima alle valutazioni, il che rende questi mercati strutturalmente costosi. Il Brasile invece aveva registrato performance molto solide, offrendo poco spazio per cercare nuove opportunità Value” spiegano i manager.

“Avevamo individuato solo tre titoli che rientravano nei nostri criteri, un numero molto basso visto che sono oltre 100 le azioni dell’America Latina che compongono l’indice MSCI EM. Non eravamo a nostro agio ma lo saremmo stati ancora meno allentando i nostri criteri rigorosi.

Tuttavia, i mercati emergenti non sono mai fermi e le sorti di Cile e Brasile stavano per cambiare. In Brasile il Presidente Bolsonaro ordinò la rimozione del CEO di Petrobras, la società petrolifera statale, sostituendolo con un militare senza alcuna esperienza né di gestione né nel settore oil&gas. Tale mossa ha contribuito al crollo del 10% dell’azionario brasiliano nel mese di febbraio 2021, mettendo in evidenza l’importanza della nostra disciplina sulle valutazioni”.

“I sell-off aprono nuove opportunità. Abbiamo così analizzato un numero maggiore di azioni brasiliane, seguendo il nostro processo usuale. Tuttavia, il rapporto rischio/ricompensa di queste opportunità non ci ha convinto, ma il nostro lavoro sta continuando. Nel caso si presentasse un nuovo movimento al ribasso nel mercato brasiliano, saremo in grado di muoverci velocemente”.

 

La seconda lezione è che bisogna essere pronti ai cambiamenti politici improvvisi. “Nel corso del 2021 il Cile ha attraversato una delle fasi politiche più turbolente degli ultimi decenni. Le elezioni per l’Assemblea Costituente hanno portato alla selezione di parlamentari molto diversi rispetto alle aspettative del mercato e improvvisamente si è materializzata la prospettiva di un cambiamento costituzionale importante.

Il Cile viene classificato come Paese sviluppato – e non emergente – da alcuni provider di indici, tuttavia in quella fase si è trovato ad affrontare un’incertezza che nessuno si aspettava, e l’indice locale è crollato del 12% in pochi giorni. Tale situazione ha aperto a una serie di opportunità per noi, con alcune aziende di alta qualità che rientravano nei nostri criteri” proseguono i gestori.

 

La terza e ultima lezione che si può trarre è che “il principale rischio potrebbe non essere quello che pensi”. “La disciplina in merito alle valutazioni non è una panacea contro gli errori, per esempio quando si parla di aziende statali, un tema molto dibattuto quando si investe nei mercati emergenti” spiegano ancora i fund manager. “Molti investitori sono dell’idea che quando un’azienda non può controllare il proprio destino diventa non investibile. Sfortunatamente, abbiamo visto cosa succede quando tale rischio si materializza”.

“L'azienda in questione aveva valutazioni attraenti e un bilancio molto solido, ma era controllata al 73% dallo stato cinese. Pur consapevoli del rischio, ritenevamo che il peggio che potesse succedere fosse un’allocazione di capitale non efficiente. Siamo rimasti quindi completamente sbalorditi dall'ordine esecutivo del presidente Trump a novembre 2020 nel quale stabiliva che il titolo era sulla lista nera e che quindi nessun investitore statunitense poteva detenerlo. In poche parole, avevamo interpretato il rischio in modo molto ristretto” evidenziano i gestori.

“Ciò significa che eviteremo del tutto le aziende statali? Riteniamo che un approccio “bianco o nero” non sia d’aiuto in questo caso o nei mercati emergenti in generale. Inoltre, non vogliamo giungere a conclusioni basate su un singolo esempio. In aggiunta, negli ultimi mesi è diventato evidente che non è necessario essere controllati dallo Stato per essere assoggettati ad esso. Stiamo parlando delle questioni normative sulle aziende tech in Cina, che ricoprono un ruolo importante nella “new economy” del paese. Pur trattandosi di aziende totalmente private, lo Stato ha reso chiaro che è pronto a intervenire anche su di esse”.

In conclusione, “gli ultimi 12 mesi sono stati un viaggio complesso, ma imparare da queste lezioni dovrebbe permetterci di essere pronti per affrontare i prossimi 12, e oltre”.

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