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Sempre più consulenti donna, ma il gap è ancora ampio

10/10/2019 | Daniele Riosa

Attualmente ci sono diecimila consulenti donne su un totale di 45mila. Se ne è parlato nel corso dell’incontro sulla gender diversity organizzato da Nordea


Il mondo della finanza e del risparmio gestito sta facendo notevoli passi avanti verso la parità di genere. Certo, le criticità non mancano, ma la strada per ridurre sempre di più il gender gap è tracciata. Di questo e di molto altro si è parlato nel corso della tavola rotonda sul tema della gender diversity, moderata da Dario Donato, giornalista Mediaset di Tgcom24, a cui hanno partecipato Julie Bech, portfolio manager di Nordea 1 - global gender diversity fund, Germana Martano, direttore generale Anasf, Grazia Orlandini, responsabile degli investimenti del Gruppo BPER e Claudia Vassena, responsabile Buddybank.

Proprio Julie Bech ha spiegato, riportando i dati di alcuni studi, che “la diversità di genere è un bene per il risultato aziendale, anche in virtù di un pool di talenti più ampio. In Nordea siamo convinti che la diversità di genere sia un aspetto fondamentale per la profittabilità di un business”. Il manager sottolinea che “diversi studi evidenziano come nei Paesi avanzati con una popolazione sempre più anziana, ad esempio il Giappone, la diversità di genere nella forza lavoro possa aumentare il PIL”.

Inoltre “diversi operatori, pubblici e privati, soprattutto nel Nord Europa stanno ponendo in essere iniziative per colmare il gender gap. Quest’obiettivo, oltre a essere un’importante causa sociale, offre anche notevoli impatti economici. Garantire alle donne pari opportunità di lavoro, anche in ruoli dirigenziali, è una scelta vantaggiosa per le aziende”. Proprio Nordea Asset Management, sposando la causa, a inizio anno ha lanciato la strategia global gender diversity. Con questa soluzione d’investimento si selezionano società in cui la diversità di genere viene adeguatamente rappresentata, implementando il tutto in un’ottica ESG.

Grazia Orlandini spiega che nel Gruppo BPER “il board è costituito da quasi il 50 per cento da donne. In ogni caso la possibilità di crescita deve essere indipendente dal sesso. Ma per fare carriera abbiamo bisogno anche degli uomini e del loro appoggio nella vita familiare qualora la carriera lo prevedesse. Un punto fondamentale però è il welfare: lo Stato deve garantire la possibilità alle donne di coniugare la vita familiare con quella lavorativa. Le stesse imprese devono fare di più e dotarsi, per esempio, di un asilo aziendale. Orlandini sottolinea poi come le donne sappiano lavorare più e meglio degli uomini in funzione del team e siano meno concentrate su se stesse".

Claudia Vassena, oltre alle pari opportunità sul luogo di lavoro, chiede “una maggiore diversificazione geografica. La meritocrazia deve essere la stella polare di ogni luogo di lavoro indipendentemente dal sesso, dalla provenienza geografica e dall'età”.

Germana Martano spinge le donne ad avere più coraggio, sottolineando che spesso constata “un’eccessiva timidezza nel chiedere un avanzamento di carriera o un aumento di stipendio. Il fatto che, mediamente, le donne percepiscano il 23% dello stipendio in meno degli uomini a parità di mansione non va assolutamente bene. La donna si fa rispettare ma c'è ancora tanta strada da fare”.

“Nel panorama dei consulenti – rileva il direttore generale di Anasf - la parità di genere è ancora lontana, ma va decisamente meglio rispetto ad altri settori lavorativi e ai primi anni 2mila: attualmente si contano diecimila consulenti donne su un totale di 45mila”. Anche tra gli investitori le donne stanno aumentando notevolmente: “nel 40% delle famiglie italiane sono loro a fare le scelte finanziarie”.

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