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"Albo: tempi più brevi per chi vuole diventare fee only"

5/13/2019

Per Massimo Scolari (AscoFind) non c’è alcun motivo per proibire al consulente abilitato all’offerta fuori sede di presentare domanda anche da consulente autonomo ottenendo il passaggio simultaneo da una sezione all’altra


Sono quasi 250 le domande presentate all'albo unico per essere ammessi alle due nuove sezioni dedicate ai consulenti autonomi e soggetti giuridici (SCF), che sono state aperte lo scorso 1 dicembre.  A quasi sei mesi dall'apertura delle due nuove sezioni (lo scorso 1 dicembre), AdvisorOnline.it fa il punto con Massimo Scolari (nella foto), presidente di AscoFind, l'associazione delle società di consulenza finanziaria indipendente che rappresenta il mondo delle SCF indipendenti.

Presidente, OCF ha detto che ci sono margini per accelerare il processo di iscrizione, ad oggi previsto in 180 giorni dall’accettazione della domanda completa. Spesso, però, la Vigilanza è costretta a fare ulteriori accertamenti. E così l’iter si allunga. Come se ne esce?
L’iter di iscrizione da parte dei consulenti autonomi e delle società di consulenza finanziaria può essere abbreviato quando non esistono criticità in merito al possesso dei requisiti di iscrizione e quando il programma di attività, che deve essere presentato in sede di domanda, è compilato correttamente. Gli uffici dell’OCF richiedono sempre ai candidati alcune precisazioni o approfondimenti ai quali è opportuno rispondere nei tempi che vengono richiesti. Discorso a parte, invece, riguarda la candidature da parte di consulenti abilitati all’offerta fuori sede che intendono passare nella sezione degli autonomi. In tal caso il consulente deve prima procedere alla cancellazione dalla specifica sezione dell’Albo e poi inoltrare la domanda come consulente autonomo. In questo caso i tempi delle due procedure si sommano e quindi si allungano eccessivamente. Pur nel rispetto della regola che impone l’incompatibilità tra le due figure, non c’è alcun motivo per proibire al consulente abilitato all’offerta fuori sede di presentare entrambe le domande contemporaneamente, ottenendo quindi il passaggio simultaneo da una sezione all’altra. Si tratta solo di una modifica procedurale che l’OCF dovrebbe adottare.

OCF durante il Forum di Ascofind ha indicato delle criticità che sono emerse durante l’esame delle carte presentate dai soggetti che hanno fatto richiesta di entrare nell’albo: l’authority parla di scarsa trasparenza sul fronte del conflitto di interesse, della remunerazione e delle norme sull’antiriciclaggio. Ci spieghi un po’?
La nostra associazione ha organizzato alcune sessioni formative, proprio per aiutare le società di consulenza finanziaria nel predisporre le policy e le procedure richieste in sede di autorizzazione. Abbiamo inoltre prodotto alcuni standard di riferimento sia in tema di policy sui conflitti di interesse sia per il contrasto al riciclaggio. Abbiamo messo a disposizione questo materiale alle società di consulenza associate che hanno così ottenuto il via libera senza particolari difficoltà. Tuttavia non ci si deve sorprendere di alcune difficoltà iniziali: il passaggio da un’attività svolta in sostanziale assenza di regole ad un regime di regolamentazione piuttosto stringente rappresenta una sfida importante e necessita di una crescita di competenze e di presidi organizzativi da parte degli esponenti delle società di consulenza.

Molti consulenti autonomi, d’altra parte, non sono stati abituati ad operare sotto un Regolatore, anche perché sono stati costretti a lavorare “in proroga”, una sorta di limbo non controllato. Secondo lei è possibile, quindi, un rallentamento all’attività degli operatori tradizionali del mondo dei fee only?
Le norme sono quelle della direttiva MiFID che si applicano in tutta Europa ai soggetti che offrono servizi di investimento. Siamo favorevoli al livellamento del campo di gioco tra i diversi operatori in concorrenza. Piuttosto, il rallentamento, soprattutto nel fornire la trasparenza dei costi ed oneri, la vediamo da parte di altri. Non abbiamo invece evidenze di un rallentamento delle attività delle nostre associate. Anzi, notiamo uno sviluppo positivo, testimoniato da un crescente interesse da parte dei clienti verso la consulenza indipendente. L’impatto maggiore invece è costituito dai maggiori costi che le società devono affrontare per l’iscrizione all’albo, il contributo di vigilanza all’OCF e gli investimenti in software per far fronte agli obblighi normativi e regolamentari. Si tratta in parte di un aumento di costi ricorrenti, in parte di spese di carattere temporaneo o una tantum. Dopo una prima fase di assestamento, crediamo che la situazione si stabilizzerà e gli adempimenti normativi verranno gestiti senza particolari difficoltà.

Un problema emerso è quello della consulenza finanziaria generica, i cui confini non sono ancora chiari: è necessario, forse, una nuova azione legislativa in merito per fare ulteriore chiarezza?
Le norme che definiscono la consulenza in materia di investimento, ossia l’attività sottoposta ad autorizzazione e a specifiche regole di condotta, sono piuttosto chiare. È peraltro evidente che vi sono sul mercato numerosi operatori che, senza alcuna autorizzazione, svolgono a favore dei propri clienti un’attività di consulenza che, pur mascherata da consulenza “generica”, invade sostanzialmente il perimetro dell’attività riservata. Tali servizi vengono pubblicizzati anche in rete e a volte rappresentano un serio pericolo per i risparmiatori che vi si affidano. Di altra natura invece sono i servizi offerti da professionisti, come commercialisti, avvocati oppure family office, che svolgono un’attività di monitoraggio degli investimenti e dei conti della propria clientela. Tali soggetti, nella misura in cui si limitano rigorosamente a tale attività e che si astengono da ogni tipo di raccomandazione di investimento, svolgono effettivamente una consulenza di tipo generico. Tuttavia il confine è molto labile. Anche dare un consiglio di investimento su richiesta del proprio cliente significa entrare nel perimetro della consulenza finanziaria riservata. E ciò rappresenta per il professionista un notevole rischio legale. Credo che si debba valutare caso per caso, stando molto attenti alle circostanze concrete nelle quali si esplica il servizio di consulenza finanziaria.

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