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Il valore educativo dell’incertezza

1/29/2022 | Luciano Liccardo *

Tutto è diventato, in un certo senso, relativo. Come meravigliarsi, allora, della preferenza dei cittadini per la liquidità? Eppure, ogni crisi rappresenta, come sappiamo, un’opportunità. Ma...


Recentemente sono state presentate le ultime edizioni di due studi dedicati all’analisi dei comportamenti dei risparmiatori italiani, l’Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2021, a cura di Intesa SanPaolo-Einaudi e il Rapporto per il 2021 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane a cura della Consob. Entrambi gli studi hanno preso in considerazione i comportamenti e le tendenze in tempo di pandemia e sono stati condotti come di consueto, sebbene con ottiche e metodologie un po’ diverse, con grande profondità di analisi.

 

Volendo sintetizzare e attingendo con un certo grado di libertà da entrambi, due risultati meritano particolare attenzione:

  • la conferma delle difficoltà ad uscire dalle conseguenze finanziarie della crisi pandemica da parte di alcune categorie, segnatamente donne, giovani ed esercenti di attività commerciali, che sono ricorsi ai risparmi personali, ove esistenti, per far fronte alle loro esigenze economiche, divenute improvvisamente di ardua sostenibilità
  • il discreto progresso patrimoniale e reddituale delle altre categorie sociali e professionali, con la tendenza all’aumento della propensione al risparmio, soprattutto tra le classi più abbienti, e alla destinazione di una grande quota dello stesso alla liquidità nei conti correnti, aumentata a oltre 1.800 miliardi di euro, principalmente per motivi precauzionali.

 

Si è registrata quindi una dicotomia tra una parte (numericamente minore) della popolazione, colpita in modo pesante dalla crisi, e un’altra che – tra aiuti governativi, smart working e appartenenza a settori economici meno esposti – ne sta uscendo, dal punto di vista finanziario, senza grossi danni o, addirittura, per chi ha potuto beneficiare della ripresa a “V”, in condizioni migliori.

Tutti e due gli studi evidenziano che tuttavia, anche tra chi ha avuto maggior fortuna, i progressi – soprattutto in termini di conoscenze finanziarie, di competenze digitali (nell’uso di internet, computer e smartphone), di apertura verso nuovi strumenti e verso la sostenibilità – sono ancora molto limitati.

 

Detenere tutta quella liquidità nei conti richiama alla memoria la famosa massima “primo, non prenderle”, familiare a sportivi e non, che se da un lato mette al riparo dalle brutte sorprese, dall’altro ne riserverà sicuramente fra non molto una pessima, collegata al riapparire di un fenomeno quasi dimenticato negli ultimi anni, e invece molto attuale: l’inflazione. Non sembra però che questa prospettiva, già evidente ai più se non altro per i rincari in essere delle bollette e in generale della borsa quotidiana della spesa, sarà in grado di convincere gli italiani ad investire, tanto più che il rendimento di alcuni tradizionali strumenti difensivi, come le obbligazioni e i titoli di stato, è destinato a deludere almeno per un po’.

 

Sia il rapporto Consob che l’indagine SanPaolo-Einaudi sottolineano per esempio che molte delle famiglie intervistate hanno difficoltà ad accantonare per obiettivi troppo lontani nel tempo e che per una quota considerevole di titolari d’impresa l’orizzonte d’investimento massimo è tre anni. E aggiungiamo che per un supporto alle decisioni in tema di risparmi, investimenti, indebitamenti (ovviamente cresciuti d’importanza) e previdenza, la fiducia accordata alle figure consulenziali sta crescendo, ma ancora molto lentamente, pesando all’incirca per il 30%. Amici, parenti e conoscenti, oltre a internet, sono influencer difficili da superare da parte dei professionisti. Soprattutto in uno scenario così incerto, quale quello in cui viviamo.

 

I contesti in cui eravamo abituati a muoverci solo un paio d’anni fa non dovevano fare i conti con un ospite così insidioso e destabilizzante per le nostre vite come il coronavirus. Abbiamo dovuto affrontarlo senza preparazione e così molte certezze sono scomparse: sulla quantità di ondate Covid da affrontare, sulla loro durata, su quali siano i provvedimenti più opportuni, sul grado di apertura delle attività economiche. Il lockdown, tranne che in Cina e recentemente in Olanda (sebbene per un periodo breve), è probabilmente superato ma quante varianti Omicron ci attendono ancora? E con quale grado di pericolosità? I numeri raccontano una realtà dalle mille sfaccettature, difficile da interpretare anche da parte di coloro che vengono definiti esperti, alle volte in palese contraddizione tra di loro.

 

Tutto è diventato, in un certo senso, relativo. Come meravigliarsi, allora, della preferenza dei cittadini per la liquidità? Forse il premio Nobel Galbraith, non un ottimista per la verità, di questi tempi avrebbe riscritto, o riadattato, la sua opera L’età dell’incertezza. Eppure, ogni crisi rappresenta, come sappiamo, un’opportunità. Può esserlo anche quella provocata dalla pandemia, e non solo per i possibili benefici effetti del PNRR e del Eu Next Generation Plan.

 

Una delle conclusioni comuni dei due studi citati è che l’educazione finanziaria è ancora debole nel nostro Paese. Non vedo momento migliore di questo, per chi ci governa e naturalmente per l’industria e per tutti i professionisti del risparmio che fanno consulenza finanziaria, per agire in questa direzione, con consapevolezza e determinazione. Far comprendere che corrette scelte di risparmio, d’investimento, d’indebitamento e previdenziali sono possibili anche in periodi d’incertezza, in cui tutto sembra relativo, potrebbe significare molto per tutto il nostro sistema economico. Senza dimenticare anche coloro che da questa pandemia sono stati duramente colpiti.

 

Se ci aiuta a crescere, anche l’incertezza ha un grande valore educativo. Inestimabile.

 

*Consulente finanziario (già Segretario Generale EFPA Italia)

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