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MiFID2 e costi: un dilemma irrisolto?

3/11/2019 | Maurizio Bufi - presidente Anasf

Continua il dibattito sulla rendicontazione da consegnare ai clienti. Riceviamo e pubblichiamo l'opinione di Maurizio Bufi, presidente Anasf, in commento all'editoriale 'MiFID II: "Fare melina" non conviene'.


Recentemente ha suscitato qualche perplessità l’iniziativa delle più importanti associazioni degli intermediari bancari, finanziari e di consulenza agli investimenti, nonché del mondo del risparmio gestito, riguardante l’applicazione alla clientela dei “costi e gli oneri connessi alla prestazione di servizi di investimento e accessori e agli strumenti finanziari”. La risposta della Consob non si è fatta attendere ed ha riaffermato con forza che le informazioni riguardanti le modalità di comunicazione dei suddetti costi ed oneri erano state già ampiamente rese note dall’ESMA.

 

Inoltre, ha tenuto a precisare che, in assenza o insufficienza di informazioni tra produttori e distributori, questi ultimi si sarebbero dovuti astenere dal commercializzare servizi o prodotti non rispondenti ai dettati di legge e di regolamento. Il fatto che alcuni di quegli stessi intermediari abbiamo subito smentito la ricostruzione giornalistica della cronologia degli avvenimenti e che si siano dichiarati pronti da tempo ad affrontare gli obblighi previsti dalla normativa, non fa che apparire come veritiero il tentativo di temporeggiare o rinviare la loro applicazione.

 

L’Anasf, che conta oltre 12.000 consulenti finanziari iscritti e che di fatto rappresenta tutti gli operatori abilitati all’offerta fuori sede svolta per conto di intermediari autorizzati, ha da tempo cercato di sensibilizzare e sollecitare le associazioni di categoria e le stesse società che vi appartengono ad affrontare il “problema della trasparenza”, secondo un approccio meno opaco e conservativo di come non sia stato fatto in questi anni.

 

Perché occorre riconoscere che i tempi sono cambiati e la richiesta di “disclosure” non viene soltanto dal legislatore europeo e nazionale, ma incontra il favore del cittadino e dell’utente di servizi in generale ed oggi anche di quello dei servizi bancari, finanziari ed assicurativi, cioè del risparmiatore, soprattutto quando questo si trasforma in investitore. Quale migliore occasione poteva essere fornita all’industria del risparmio? Cioè trasformare quello che viene ancora oggi considerato un problema, al contrario come l’opportunità di rappresentare il costo di un servizio in quanto naturale corrispettivo che remunera una prestazione professionale, alla quale contribuiscono diversi attori della filiera produttiva; essa è caratterizzata dalle competenze specialistiche sui mercati, dalla conoscenza dei prodotti distribuiti ed dall’esperienza nella relazione con la clientela.

 

Recuperare posizioni nel gradimento dei risparmiatori, mai tanto impauriti e distanti dal sistema bancario e finanziario, dovrebbe essere una priorità per molti operatori, che con i loro comportamenti hanno alimentato questo distacco, spesso causa di scelte sbagliate di impiego delle risorse finanziarie delle famiglie italiane o peggio di asset allocation del tutto inefficienti. Certo, il clima di incertezza che aleggia nel nostro paese non aiuta a rendere queste relazioni più proficue per tutti gli stakeholder, ma in questo quadro, ritardare l’adempimento degli obblighi di trasparenza appare davvero un atteggiamento miope se non addirittura controproducente.

 

Ma il rischio maggiore è un altro, poiché prima o poi le rendicontazioni verranno prodotte dagli intermediari e inoltrate alla clientela. Qui si inseriscono altri due aspetti affatto secondari. Il primo riguarda la tempistica, nel senso che tanto più questi obblighi si sposteranno in avanti nel corso dell’anno, tanto più risulteranno inadatte, al fine di assolvere al requisito loro richiesto. Il secondo avrà a che vedere con le modalità attraverso le quali verranno rese le informazioni sui costi ed oneri, cioè se inserite in documenti corposissimi e nascoste tra le pieghe di tante inutili pagine o avranno viceversa una loro facile individuazione.

 

Gli intermediari specializzati nella consulenza e nel collocamento, che si avvalgono dei consulenti finanziari, su questo versante dovrebbero non solo essere più sensibili, ma anche più lungimiranti se vogliono nei prossimi anni erodere l’ampio bacino di risparmio appannaggio del sistema delle banche tradizionali. Utilizzando la “qualità” della trasparenza come una leva commerciale e distintiva e cogliendo anche l’occasione per rendere più efficiente la catena del valore, risparmiando su posizioni di rendita al suo interno e valorizzando al massimo la figura del consulente che intrattiene la relazione con il cliente.

 

Nelle banche affrontare queste sfide sarà ancora più difficile, considerando che c’è già una pressione sulla clientela per la vendita di prodotti ad “alto valore aggiunto”, che sostengono i ricavi da commissioni; infatti, la leva dei ricavi derivanti dal margine d’interesse è e rimarrà del tutto insufficiente a garantire l’equilibrio del conto economico, vista la politica monetaria ultra espansiva che azzera questa fonte di guadagno. Ma questa impostazione si dovrà coniugare con gli elevati standard di trasparenza di cui si sta discutendo e la compatibilità di un modello di business così sbilanciato rende il raggiungimento dell’equilibrio più difficile e sicuramente precario.

 

Allora, appare chiaro che la chiave sta nell’affrontare a viso aperto la “questione trasparenza”, proprio e soprattutto da parte di quegli stessi operatori qualificati nella prestazione del servizio di consulenza agli investimenti, che ne potrebbero trarre i maggiori vantaggi competitivi. Quando si attraversa un periodo di trasformazione, questo impone un’autonomia di manovra che spesso è risultata carente da parte delle società e un coraggio nelle scelte strategiche, che scaturiscono dalle “relazioni industriali” tra le parti, basate sul confronto e la composizione degli interessi, a volte non coincidenti. Così facendo, l’interesse del mercato e la tutela del risparmio possono essere salvaguardati.

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