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Banche e Asset Management, ecco come si sono adeguate alla MiFID

9/17/2021 | Daniele Riosa

Giovanni Andrea Incarnato (EY): “Per quanto riguarda gli AM, il rispetto della normativa ha portato in particolare alla revisione della gamma prodotti in collocamento”


Presentata oggi al Salone del Risparmio 2021 la nuova indagine EY, “Il futuro della distribuzione dei fondi negli scenari post MiFID II”, che esplora come, partendo da contesti di mercato differenti, i principali mercati del continente (Italia, Germania, Francia, Olanda, Lussemburgo, Paesi Nordici e Svizzera) abbiano interpretato i requisiti regolamentari, quali scelte strategiche siano state intraprese dalle Banche Distributrici e dagli Asset Manager per adeguarsi alle nuove direttive e come queste decisioni abbiano trasformato il modello di business e di offerta di prodotti.

Dichiara Giovanni Andrea Incarnato, Italy Wealth & Asset Management leader di EY: “I requisiti MiFID sono stati applicati in modo diversificato nei diversi paesi europei, con distinte implicazioni per Asset Manager e Banche Distributrici. Per quanto riguarda gli Asset Manager, l’adeguamento alla normativa ha portato in particolare alla revisione della gamma prodotti in collocamento. Inoltre, ha favorito la stipula di accordi con piattaforme in grado di semplificare la complessità operativa, con conseguente riduzione dei costi per la gestione dei prodotti. Per le Banche distributrici, invece, l’applicazione dei requisiti MiFID ha portato alla trasformazione delle logiche di creazione dei prodotti e governance per rispondere alla maggiore attenzione da parte degli Organismi di Vigilanza dei vari Paesi. Ha, inoltre, determinato la differenziazione della gamma fondi in relazione al modello di servizio offerto in base al segmento di clientela di destinazione, nonché un’evoluzione dei modelli di adeguatezza e dei sistemi di raccolta dei bisogni dei clienti”.

Adeguamento normativo

L’interpretazione data dagli Organi di Vigilanza dei vari Paesi sui requisiti degli switch è stata diversificata. In Italia, la Consob ha dato molto peso ai controlli quantitativi automatici negli applicativi per gli switch dei fondi, che sono stati implementati da oltre il 75% degli intermediari finanziari, influenzando però solo parzialmente i costi upfront dei prodotti. In quasi tutti i Paesi europei (fa eccezione il Lussemburgo) gli operatori si sono dotati di processi per valutare ex ante i fondi equivalenti, con impatti rilevanti su prezzo e classi dei fondi collocati. La Francia si è focalizzata più dell’Italia su questo tipo di analisi e sta estendendo il focus al «Value for Money» dei prodotti, partendo da analisi sulle performance poi estese ad altri ambiti.

L’applicazione delle regole sul Target Market è più omogenea in Europa. La maggior parte degli intermediari ha previsto appositi controlli automatici che bloccano la sottoscrizione dei prodotti in Target Market Negativo. Mentre in Italia e Svizzera i controlli riguardano solo il Target Market Negativo, alcuni paesi, come Germania, Francia e i Paesi Nordici, valutano in modo completo il Target Market «Grey».

Evoluzione dei modelli di business

L’entrata in vigore della MiFID II ha avuto un impatto eterogeneo sul numero di accordi di distribuzione nei vari paesi europei. Mentre molte Banche Distributrici tedesche dichiarano un incremento del numero di accordi, in altri paesi come Francia, Paesi Nordici e Olanda la maggioranza degli operatori ha preferito ridurre il numero di controparti a catalogo. In Italia, gli intermediari hanno adottato strategie diverse, con alcuni di essi che hanno ridotto il numero di accordi e altri che lo hanno incrementato. In Svizzera la quasi totalità delle Banche Distributrici fa uso di piattaforme B2B per la gestione degli accordi di collocamento e sempre più operatori stanno adottando questa soluzione anche in Italia e Lussemburgo.

L’introduzione della MiFID II ha determinato una sempre più forte polarizzazione negli approcci tra gli operatori che hanno deciso di adottare le «clean share» classes e quelli che si stanno orientando nella direzione opposta. In Svizzera, Lussemburgo e Olanda la quasi totalità degli intermediari ha inserito a catalogo la classe «clean» sia per gli investitori Retail sia per quelli Private, mentre l’Italia continua a destinare queste classi esclusivamente ai clienti istituzionali. Il mercato a livello europeo è completamente orientato sulla consulenza fee-based per la clientela Private, mentre riguardo ai clienti Retail la diffusione è maggiore nei Paesi Nordici e in Germania.

Offerta di prodotti sostenibili

Dall’indagine EY emerge che l’integrazione delle variabili ESG è già consolidata in paesi come Francia e Paesi Nordici, in termini sia di utilizzo del set informativo previsto dal tracciato EMT (European MiFID Template) sia di uso di provider esterni a supporto dell’elaborazione di rating di portafoglio che, successivamente, i player più avanzati incorporano come rating proprietario nei modelli di rischio e commerciali.

Gli intermediari italiani, invece, sono in ritardo su questi aspetti e devono ora accelerare il percorso di integrazione delle logiche ESG nelle scelte di investimento e nella raccolta dei bisogni di sostenibilità dei clienti. Nei Paesi Nordici e in Svizzera le Banche Distributrici hanno definito il proprio approccio alla raccolta delle preferenze di sostenibilità dei clienti e gli operatori leader di mercato hanno anche già sviluppato questionari dedicati.

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