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Londra, effetto Brexit sulle banche affari

7/20/2016 | PierEmilio Gadda

Ubs potrebbe essere costretta a trasferire una parte significativa dei suoi 5.000 dipendenti londinesi. I piani di Goldman Sachs e JPMorgan. A rischio 500mila posti


Ubs manterrà un presidio nella City, nonostante Brexit. Ma molto probabilmente sarà costretta a trasferire una percentuale significativa dei suoi 5.000 dipendenti londinesi in altri Paesi dell'Unione Europea. Lo ha detto Andrea Orcel, presidente della banca d'investimento svizzera, intervistato da Bloomberg Tv.

 

Non è l'unico segnale d'allarme lanciato dalle grandi banche d'affari internazionali nelle ultime settimane: come riporta il Time, a fine giugno Richard Gnodde, cohead della divisione Investment Banking di Goldman Sachs, ha dichiarato: "Se il passaporto europeo sarà del tutto rimosso, dovremmo ridefinire la nostra presenza", alludendo alla possibilità di traslocare nel Vecchio Continente una parte del suo staff britannico, che contra 6.500 risorse. "Tutti gli scenari restano aperti". Nel Regno Unito, JPMorgan dà lavoro a 16 mila persone. Il ceo, Jamie Dimon, ha ripetuto in più occasioni che la banca potrebbe non avere altra scelta che trasferirne una parte Oltremanica. Attraverso i suoi uffici a Londra, nella città costiera di Bournemouth e in Scozia, ricorda Business Insider, la banca d'affari ha realizzato ricavi per 14,2 miliardi di dollari nel 2015, attraverso operazioni nella regione Emea (Europa, Medio Oriente e Africa).

 

Del resto, il settore bancario è uno dei più vulnerabili alla conseguenze dell'uscita di Londra dall'Unione Europa. Secondo una ricerca di Credit Suisse, l'esito della consultazione popolare spingerà in recessione il Regno Unito, causando un aumento del tasso di disoccupazione e la perdita di quasi 500 mila posti di lavoro. "Sulla base delle nostre previsioni, con una crescita del Pil in calo all’1% nel 2016 e a -1,0% l’anno prossimo, possiamo aspettarci che il tasso di disoccupazione balzi al 6,5% rispetto all’attuale 5%”, scrivono Anais Boussie e il suo team di analisti presso Credit Suisse. I conti sono presto fatti: il 5% equivale all’incirca a 1,67 milioni di persone su una forza lavoro complessiva di 33,26 milioni. Un aumento del tasso di disoccupazione al 6,5% espellerebbe dal mercato 491mila persone. Si tratta , in ogni caso di valori molti inferiori rispetto a quelli registrati nella zona euro, dove i disoccupati rappresentano il 10,1% della forza lavoro.

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